
MILANO, lì 10-06-2016 - Sono sempre di più gli uomini che non si rassegnano a diventare calvi e che decidono di correre ai ripari, optando per l'autotrapianto di capelli. Avere una chioma regolare migliora l'autostima, l'immagine dell'individuo, ed è un ottimo stimolo nelle relazioni interpersonali.
Occorre però muoversi con prudenza nella scelta del chirurgo e della struttura cui affidarsi, per non incappare in spiacevoli disavventure. Specie quando di mezzo c'è la salute.
“In Italia nel 2014 i trapianti di capelli eseguiti sono stati 4mila – di cui il 65% solo in Lombardia, specialmente nel Milanese e Varesotto -, come rivelano le indagini di mercato compiute dagli organismi di settore, di cui la maggior parte eseguiti su uomini in età compresa tra i 30 e i 65 anni. E' bene precisare altresì che l'autotrapianto è un intervento che riduce le aree glabre o diradate, ma da solo non arresta e cura la caduta dei capelli. E' di fondamentale importanza sia il ruolo delle cure post operatorie, che delle terapie di mantenimento della propria chioma”, spiega la dottoressa Tatiana Amati dell'équipe ‘Tricomedit' di Torino e Alessandria (www.caduta-capelli-torino.it).
"Il trapianto di capelli, tuttavia, pur essendo la soluzione migliore nei casi di calvizie conclamata, richiede l'adozione di una serie di cautele per poter dare massimi risultati. Anche perché le false promesse in questo settore abbondano, ed è opportuno non caderne vittima", prosegue Tatiana Amati.
“Occorre in primis saper distinguere gli imbonitori dai veri professionisti, ovvero i chirurghi specializzati in chirurgia delle calvizie che da anni dedicano costantemente la propria carriera a specializzarsi in tal settore, partecipando ripetutamente ai congressi dedicati al tema e ai workshop di aggiornamento delle nuove terapie”.
E su Internet la nota tricologa raccomanda cautela: “Può rivelarsi insidioso, specialmente in riferimento a quei siti – e sono molti - ove si promettono grandi risultati a costi bassissimi, comprensivi di trasferta, vitto e alloggio in strutture site all'estero, Paesi Arabi e del Nord Africa in particolar modo. Occorre prestare attenzione a questo fenomeno, onde prevenire il rischio di trovarsi in ambienti privi delle professionalità e delle adeguate condizioni igienico-sanitarie, e di doversi poi sottoporre a interventi correttivi al proprio rientro in Italia, con ulteriore aggravio di costi e spese mediche”.