Trepidante attesa per un incontro in stile conferenza, definibile come emblematico, previsto in data Venerdì 4 Luglio alle ore 18.30, che avrà due protagonisti d'eccezione del calibro di Vittorio Sgarbi e dello scrittore ultracentenario Boris Pahor, nella prestigiosa cornice delle mostre di "Spoleto Arte" curate dall'autorevole critico e organizzate dal manager produttore Salvo Nugnes. "Spoleto Arte" si svolge dal 27 Giugno al 24 Luglio. E' un evento di grande risonanza a cui partecipano artisti illustri tra cui Dario Fo, Eugenio Carmi, Josè Dalì e altri nomi di spicco ed è allestito tra le mura possenti del secolare Palazzo Leti Sansi, in Piazza del Mercato a Spoleto.
Pahor è considerato il più famoso scrittore sloveno di cittadinanza italiana con fama internazionale. Nei suoi scritti ha dato voce all'esperienza della deportazione politica, vissuta nei lager nazisti. Il Novecento è il suo secolo, ne ha vissuto gli orrori e le conquiste, facendosene testimone per eccellenza. I suoi racconti sono eticamente vivaci e densi di avvenimenti e aneddoti, che seguono un tracciato cronologico mai banale e scontato.
Nelle sue parole coinvolgenti si parla spesso di Trieste, della comunità slovena e delle varie comunità, che arricchivano la città, facendo luce su significate vicende molto toccanti. Pahor ricorda "Gli anni venti sono stati il periodo più brutto per Trieste. Sotto l'Austria eravamo una città ricca, poi gli uomini di cultura e anche i sacerdoti sloveni sono stati mandati via. Nel 1920 hanno cominciato a bruciare le case di cultura slovene. Quando il fascismo è andato al governo ci hanno tolto la lingua, hanno bruciato i nostri libri, ci hanno cambiato nomi e cognomi. Una vera e propria pulizia etnica -romana- perché sloveni e croati dell'Istria dovevano diventare italiani. Lo hanno detto loro stessi: la rivoluzione fascista è nata a Trieste, quando hanno cominciato a ripulire la città".
Sgarbi evidenzia "Pahor ha visto la morte negli occhi ed è come un sopravvissuto, che è tornato dall'aldilà e non vuole dimenticare. Quell'esperienza trasforma l'uomo e gli fa intendere diversamente il rapporto con gli altri uomini, senza pietà e senza perdono".